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Donne e dee nel Mediterraneo antico, il saggio di Paola Angeli Bernardini

Il tema del femminile nel mondo antico è attraversato da un doppia prospettiva: da un lato si sa che la donna non avesse molto margine di libertà; dall’altro però ci sono evidenze, seppur minoritarie, che le donne riuscissero a ritagliarsi degli spazi anche al di fuori delle mura domestiche.
Ad esempio, esse viaggiavano nel Mediterraneo, proprio come gli uomini: non solo quelle del mito, ma anche quelle vere, della storia comune e reale.
Paola Angeli Bernardini, professoressa emerita dell’Università di Urbino, ricostruisce i viaggi al femminile all’interno del bel saggio Donne e dee nel Mediterraneo antico edito dalla casa editrice Il Mulino nel 2022.

Struttura e stile

Il saggio risulta sintetico, ma denso, con un taglio scientifico e divulgativo ad un tempo.
Dopo un’ introduzione, ci sono due parti, la prima (più ampia) dedicata alle viaggiatrici mitologiche, la seconda (meno ampia) dedicata alle viaggiatrici reali: questo è del resto il segno della difficoltà di reperire maggiori notizie relative alla seconda tipologia di eroine. Ciascuna di queste due parti è divisa in ulteriori capitoli, ognuno dei quali relativo ad una categoria specifica di avventuriere. Al termine di ogni capitolo ci sono note che riportano i riferimenti ai testi citati di volta in volta a sostegno dell’argomentazione. Seguono un ricco apparato bibliografico e un indice dei nomi e dei personaggi.
Il tutto in poco più di duecento pagine che, con grande chiarezza, precisione e completezza offrono una panoramica a tutto tondo ai lettori desiderosi di saperne di più sulla condizione femminile nelle epoche più antiche.

L’immagine di copertina di Donne e dee nel Mediterraneo antico, che riporta il dipinto Galatea, un olio su tela dell’artista fiorentino Giuseppe Bezzuoli (1784-1855), fa già entrare il lettore nello spirito del testo. All’interno del volumetto, poi, ci sono delle tavole che riproducono alcune fotografie di testimonianze iconografiche, antiche e moderne, raffiguranti soggetti femminili dall’area mediterranea antica (Danae, Europa, nuotatrici, schiave et similia).

Donne e dee nel Mediterraneo antico: le storie

Nella sezione mitologica, la presenza del femminile all’interno del Mare nostrum viene raccontata attraverso una rassegna delle vicende più significative. Alcune ‘personagge’, ad esempio le Nereidi, risiedevano stabilmente nel mare. Figlie di Nereo e Doride, esse sono ricordate da Esiodo e “si distinguono per lo più per la loro avvenenza e la loro grazia”. Come non ricordare Teti che nel libro diciottesimo dell’Iliade “si lamenta per la sorte del figlio Achille”? Altra memorabile Nereide è Galatea (etimologicamente “bianca come il latte”) di cui si innamorò, perdutamente, il Ciclope Polifemo: Teocrito di Siracusa in un idillio molto simpatico (l’undicesimo) ci parla del povero Ciclope e delle sue pene d’amore. Galatea potrebbe rappresentare, in un certo senso ed entro certi limiti, una voce di libertà nella scelta amorosa femminile.

Nel saggio trovano trattazione anche divinità itineranti nel Mediterraneo e, all’interno di questa categoria, divinità sovrapponibili tra una cultura e l’altra; due signore del Mare sono certamente la maga Circe e la ninfa Calipso: entrambe vivono su un’isola (rispettivamente Eèa e Ogigia), entrambe trattengono Ulisse; entrambe però, all’occorrenza, lo lasciano andare aiutandolo nel viaggio marino o con consigli o con azioni fattive. Esse, quindi, abbattono lo stereotipo della donna come poco esperta dei viaggi in mare.
Come è noto però, la mitologia, è piena di storie che narrano di violenze subìte dalle donne proprio all’interno del Mediterraneo.
Europa era una giovane fenicia che, mentre giocava in un prato fiorito, fu rapita da Zeus tramite un inganno: il dio infatti, che se ne innamorò, si avvicinò alla ragazza sotto le sembianze di un toro bianco profumato. La giovane si sedette sulla sua groppa ed ebbe inizio il viaggio verso Creta, attraverso il Mediterraneo. Dall’unione nacquero dei figli, tra cui Minosse.
La storia, che può essere vista anche come simbolo del contatto tra Occidente e Oriente, ricorda però la verità su ogni incontro: all’inizio esso è sempre uno scontro, a spese dei più deboli; nello stesso filone si colloca, l’episodio di Io. Non possono essere assenti riferimenti alle coppie celebri, quali Elena e Paride; Arianna e Teseo o Didone ed Enea, declinati in tutte le varianti del caso.

Il mare, come simbolo dell’ignoto, del pericolo, può dare la morte, diventando causa di suicidi, decessi e femminicidi; il mare, però, come simbolo di libertà può anche salvare e diventare il teatro di esiti a lieto fine, come ad esempio quello di Aretusa, ninfa trasformata in fonte per sfuggire all’inseguimento del fiume Alfeo, poi ricongiuntosi con lei, dolcemente, nei pressi di Siracusa, ad Ortigia, sotto il segno di un’unione pacifica.
Il mare può, però, anche esser il luogo dove nascondere, all’interno di una cassa, donne destinate ad una punizione, per una colpa, anche subìta come uno stupro: diverso e variegato può essere il finale delle varie narrazioni a seconda delle vicende.

I ruoli delle donne

La seconda parte di Donne e dee nel Mediterraneo antico, quella realistica, è ancora più interessante in quanto la studiosa si impegna del dimostrare che nel mondo antico ci furono donne ammiraglie, regine, armatrici, sacerdotesse; capitolo molto significativo è quello dedicato alla colonizzazione: infatti a scuola siamo abituati ad apprendere che si trattasse di un fenomeno a cui prendevano parte esclusivamente gli uomini. L’autrice, invece, attraverso considerazioni probanti, mostra che non è da escludere la presenza di donne a bordo delle imbarcazioni: “La partecipazione di figure femminili nella fase di fondazione di colonie, anche se è una questione molto controversa e dibattuta, risponde alle regole del buon senso”. Ad esempio, soprattutto le donne più povere potevano essere interessate a cercare nuove opportunità proprio nel mare: per questo frequentavano la costa e si aggregavano ai coloni in partenza, “adattandosi ai lavori più umili e faticosi”, eppure necessari: “La presenza di figure domestiche femminili di rilievo 一 non primario, ma secondario nella ‘ktisis’ di colonie 一 non si può escludere a priori, in quanto è confermata da situazioni analoghe e ricorrenti nel corso della storia. Nel movimento multidirezionale dei coloni greci emergono residui della presenza di donne, che sembrano contraddire il tipico desiderio femminile di stabilità”.

In mare e nelle arti

Se non stupisce la partecipazione di nutrici, serve e schiave alle trasferte, ma neppure lo spostamento in mare di prostitute, risulta più difficile dimostrare la frequentazione da parte di altre lavoratrici dell’ambiente marittimo. Eppure, secondo la ricostruzione del saggio, le donne potevano ricavarsi un loro spazio sulle navi o nei porti per dedicarsi alla vendita di oggetti di artigianato molto ricercati quali vasi, collane, bracciali e anelli, manufatti religiosi: anzi dovevano essere assai brave come commercianti. Ancor più complicato è poter attestare un ruolo femmnile nella poesia, nella scienza, nella musica.
Se è risaputo che gli intellettuali (cantori, poeti, oratori, filosofi, musici) erano itineranti, è però pensabile che al loro seguito potessero esservi donne. Sappiamo benissimo che gli attori di teatro erano uomini, tuttavia “non si può escludere che anche le donne potessero prendere parte, soprattutto a cominciare dal periodo ellenistico, all’attività poetica che si incentrava sugli agoni poetico-musicali”.
Più in generale non mancarono cantatrici, poetesse, filosofie, musiciste: eppure furono poche rispetto agli uomini e poco ci è arrivato di loro, praticamente solo dei nomi: “Corinna, Erinna, Anite, Telesilla, Aristomache, Nosside non dicono troppo in proposito”.
Solo Saffo fu un caso isolato: ma quanti sanno che c’erano altre poetesse che svolgevano la sua stessa attività di accoglienza per le giovani nobili in attesa delle nozze, come Gorgo e Andromeda?

Nonostante tutte le difficoltà, ci furono donne che riuscirono a fare carriera nel mondo dello spettacolo inteso come un ambito autonomo e pubblico rispetto alle prestazioni private richieste alle flautiste, cantanti, danzatrici in epoca ancora antica, quando queste performers non erano ancora professioniste, bensì etere al servizio dell’ “intrattenimento” e della “ricreazione maschile”.
Ciò accadde solo in epoca ellenistica quando ebbe luogo “l’esibizione femminile come spettacolo, come rappresentazione su una vera e propria ‘skenè’ di fronte a un pubblico di spettatori”.
L’esclusione per le donne dal teatro tout court fu spesso l’opportunità per esse di specializzarsi in ambiti non attoriali, ma alle dipendenze di attori in attività tra le più svariate e talora impensabili per l’epoca: “Le donne non si arrendevano di fronte alla necessità di lunghi viaggi, anche per mare, per arrivare nelle sedi dove avrebbero ottenuto notorietà e fama”.

Un viaggio nel Mediterraneo

In conclusione il volume Donne e dee nel Mediterraneo antico è un’ ottima compagnia per provare a viaggiare nel Mediterraneo insieme alle donne del mondo antico, sotto le direttrici del racconto fantastico e della storia reale; questo tour letterario consentirà a chi legge di prendere consapevolezza rispetto al ruolo femminile nel passato.
Senza pretendere di trovare una risposta sicura a molti interrogativi antichi e annosi, il lettore comprenderà che le situazioni sono sfumate: sicuramente gli uomini ebbero il controllo del mare (talassocrazia), come di altri settori; eppure le donne dovettero anch’esse vivere la distesa salata del Mare nostrum: ora come subalterne, ora come madri violate di maschi illustri, ora come protagoniste, esse ebbero in ogni caso la loro parte specifica, particolare, originale e coraggiosa.

Senza voler banalmente attualizzare il passato, non possiamo comunque affermare che anche oggi, mutatis mutandis, spesso è ancora così?


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Scheda libro

Titolo: Donne e dee nel Mediterraneo antico

Autore: Paola Angeli Bernardini

Editore: Il Mulino (Bologna 2022)

Pagine: 206 pagine

Prezzo: 15 euro

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