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Autodifesa di Caino di Andrea Camilleri: i volti della colpa

T’imbatti per caso in libreria in un libretto piccolo, grazioso, dal formato mini e scopri che Camilleri, di cui conosci la densità della scrittura, ha trascritto un dialogo di un personaggio improbabile che non ha mai avuto l’opportunità di esprimersi ma che è stato sempre giudicato: Caino.

L’incipit del libro Autodifesa di Caino (Sellerio editore Palermo) la dice lunga sulla fermezza del personaggio a depositare una lunga arringa difensiva sulla propria posizione:
“Signore e signori della corte… oddio, che ho detto? Della corte? Scusate, ho avuto un lapsus… Ricomincio. Signore e signori del pubblico, permettete che mi presenti: sono Caino. Forse non avete capito. Sono Caino”. (pag. 13)

Autodifesa di Caino, il beneficio del dubbio

Ci si aspetta una turbata reazione di chi ascolta. Ma quando mai Caino, col peso di giudizi millenari, ha potuto parlare in sua difesa? Forse è perché la storia ci ha consegnato parecchi assassini che ormai Caino non fa più testo.
Ci si può immergere nella lettura come quando da piccoli si ascoltavano le storie degli anziani seduti intorno al focolare, curiosi di ascoltare una narrazione a volte precisa e riflessiva, altre mescolata, disorientata, sgomentata. Si conclude, infatti, con la buonanotte e come un contastorie lascia sempre sospesa la parte che riguarda il giudizio di ogni lettore; non si chiede da che parte stare, ma si insinua il beneficio del dubbio.

È questo, un monologo che Andrea Camilleri aveva preparato per il suo ritorno al teatro; il 15 luglio 2019, alle terme di Caracalla, avrebbe dovuto interpretare il suo monologo Autodifesa di Caino, ma non ha potuto perché ha intrapreso il suo ultimo viaggio il 17 luglio successivo, uscito di scena come si addice ad un uomo che aspirava alla perpetuità della parola.
La versione integrale della rappresentazione teatrale è stata pubblicata presso Sellerio, nella collana Il divano (numero 323), a novembre 2019 (pag. 79), con una nota dell’editore Antonio Sellerio in apertura.

Caino parla qui con fare colloquiale, esprimendo la propria opinione su tutto quello che la storia gli ha voluto attribuire, viaggiando nei millenni e svelando una verità scomoda per alcuni versi. Camilleri lo fa da contastorie dopotutto, dice, questo è (pag. 17, n. dell’Ed.).

Al colpevole il diritto di parola

Autodifesa di Caino è un libretto che si può permettere solo chi, dopo tanto raccontare, si concede una pausa, sostenuta da un forte pensiero che lo assale, di tanto in tanto, e che trova comunque l’urgenza di essere comunicato, anche perché si rivela come una sorta di testamento.
Il pensiero di un uomo allegoricamente definito come il maledetto, colui che, per la prima volta nella storia, ammazza un suo simile e che crea e definisce una strada, un percorso, un’anima: l’omicida.

Sembra quasi come se a qualcuno dovesse capitare ed è capitato a lui, a Caino. Ma coloro che perseguono il male non hanno diritto di parola, sono emarginati e hanno perso credibilità.
Invece, Camilleri, sottraendo al suo Montalbano la capacità di indagare gli animi, questa volta lo fa interpretare al suo Caino che, grazie allo scrittore contastorie, esplora i millenni, operandosi a scrutare il giudizio dei posteri a suo carico.

Autodifesa di Caino: il perché di un gesto non evitato

Sul banco degli imputati un agricoltore, Caino, che ammazza il fratello Abele, un pastore.
Una serie di episodi gonfiano la rabbia di Caino, un campo distrutto dal gregge del fratello senza ricevere motivazioni. Lo scontro si fa fisico, Caino intravede una volontà omicida nel fratello Abele che, comunque, si ferma. A Caino non basta, trova una grossa pietra e lo colpisce.
L’orrore, l’angoscia, il terrore spinge Caino a trasportare il corpo del fratello in spalla a lungo ma la stessa terra si rifiuta di accogliere quel corpo massacrato. Il resto è storia.

Ma è nella storia che Caino spiega il perché di quel gesto non evitato.
Innanzitutto non è figlio di Adamo ma frutto di un amore clandestino con un diavolo, Alialel, a differenza del fratello Abele, che nasce da un altro tradimento di Eva con l’Arcangelo Stefano; l’infedeltà coniugale dunque partecipa a formare il male sulla terra. Altra difesa passa dalle attenzioni di Dio rivolte ad Abele rispetto a Caino che, per ciò, soffriva molto.

La colpa di Abele e la priorità della sofferenza

Si aggiunge poi l’indifferenza e la scarsa empatia di Abele, descritto dalle parole di Wiesel (finalmente qualcuno che lo difende): “E Abele?” si chiede Elie Wiesel, premio Nobel per la Pace.
“Abele non si muove. Non fa niente per consolare il fratello, né niente per divertirlo, per calmarlo. Lui, che è responsabile della prostrazione di Caino, non fa niente per aiutarlo. Non si duole di niente, non dice niente. È semplicemente assente, sta lì, senza esserci realmente. Sogna senza dubbio mondi migliori, cose sacre. Caino gli parla e lui non ascolta. O ascolta, ma non sente.
Ecco in che cosa Abele è colpevole. Di fronte alla sofferenza, di fronte alla solitudine, nessuno ha il diritto di nascondersi, di non vedere. Di fronte all’ingiustizia, nessuno deve voltarsi dall’altra parte. Chi soffre ha la precedenza su tutto. La sua sofferenza gli dà un diritto di priorità su di voi. Quando qualcuno piange – e questo qualcuno non siete voi – ha dei diritti su di voi, anche se il suo dolore gli è inflitto dal vostro Dio comune” (pp. 37/38).

Una serie di citazioni fugaci di autori che hanno trattato questo tema lasciando la libertà al lettore di approfondire una serie di letture riferite all’uomo della Genesi: dalle teorie gnostiche all’eresie dei Cainiti, dai padri della Chiesa a Metastasio, Alfieri, Byron, Palestrina, non tralasciando Dante che gli dedica un cerchio infernale, Caina.

La musica che tocca le corde del perdono

Alla fine emerge la descrizione di un uomo pentito che non rappresenta più il male, che non incarna più tutta la negatività del mondo; un uomo accettato e perdonato che, come forma di espiazione, crea anche una propria comunità, costruisce sette città accogliendo viandanti e profughi, che si prodiga per gli uomini e le donne attorno a sé.
Inventore di pesi e misure, della moneta e addirittura delle prime forme di banca. Ma la sua invenzione migliore gli consente di toccare le corde del perdono: casualmente inventa alcuni rudimentali strumenti musicali (cetra, flauto e tamburo) che muovono a compassione anche Dio, l’onnipresente Dio, colui che guarda e legge nel cuore degli esseri viventi.

A qualcuno doveva pur toccare di incarnare il male ed è capitato a lui. La sua autodifesa, però, segue un percorso circolare dove, dopo l’omicidio, emerge la redenzione, convinta, voluta, cercata.
“Io fui semplicemente colui che mise per primo in atto il male. Che compì l’azione del male. Tramutando ciò che era in potenza, in atto” (pag. 56).


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Scheda libro


Titolo:
Autodifesa di Caino

Autore:
Andrea Camilleri

Editore:
Sellerio editore Palermo

Prima edizione:
2019

Pubblicato in Narrativa.

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