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Una donna spezzata (Einaudi) è una silloge di racconti della scrittrice e filosofa francese Simone de Beauvoir; composta da tre testi, ci mostra altrettante donne che si trovano ad affrontare un periodo di forte crisi nella propria esistenza. Le protagoniste trascinano il lettore catapultandolo nell’intensità della loro disperazione, in un crescendo di emozioni che non può lasciare indifferenti.
Libro di grande forza, affianca infatti una lettura scorrevole ad un’inevitabile immedesimazione nei ruoli e nel turbinio delle menti che ci viene mostrato.
‘La femme rompue’
Nel primo racconto, che dà il titolo al libro “Una donna spezzata”, la protagonista è Monique, una donna che ha dedicato la sua vita alla famiglia. Nel testo la accompagniamo nella dolorosa scoperta del tradimento del marito: “mi sento segare il cuore con una sega dai denti finissimi”.
La presa di coscienza su questo drammatico avvenimento travolge le sue certezze portandola a mettere in dubbio tutto, il suo essere, il ruolo di moglie e di madre, le scelte del passato come quella di aver rinunciato al lavoro perdendo una possibilità esterna di realizzazione personale.
Con lo scorrere dei giorni (sottolineato molto intensamente dalla scelta di presentare il testo come un diario), la destabilizzazione diventa sempre più totale e lei perde lucidità: “Forse sono una specie di sanguisuga che si nutre della vita altrui: di quella di Maurice, delle nostre figlie, di tutti quei poveracci che pretendevo di aiutare. Un’egoista che non vuole saperne di lasciar la presa.”
Si sente profondamente disarmata ed impaurita ma anche se “tutto è affondato nella melma” sa che dovrà risollevarsi trovando la forza in sé stessa: “(…) so che mi muoverò. (…) La porta dell’avvenire sta per aprirsi. Lentamente. Implacabilmente. Io sono sulla soglia.”
Una donna spezzata, ‘L’âge de discrétion’
La protagonista del secondo testo, “L’età della discrezione”, è invece una celebre studiosa di letteratura francese. Una sera scopre che il suo unico figlio ha deciso di rinunciare alla carriera accademica, preferendo un lavoro totalmente diverso da quello che avevano immaginato insieme. Questa scelta ha una risonanza in realtà ben più forte rispetto al lato pratico in sé per sé, in quanto rappresenta una messa in discussione di tutti i valori trasmessi dai genitori e soprattutto dalla madre.
Si rende conto di aver sopravvalutato il figlio il quale l’accusa di essere tirannica “in fondo, tu non hai un cuore, hai soltanto delle volontà di potenza”.
Con il passare dei giorni soccombe completamente alla rabbia travolgendo con essa anche il rapporto con il marito che non la appoggia nella sua posizione di completa chiusura nei confronti del “traditore”: “l’idea che un giorno la collera mi sarebbe passata, la esasperava ancora di più”.
Ma pian piano saranno anche altre le consapevolezze che cominceranno a farsi spazio in lei, prima fra tutte quella relativa alla paura di invecchiare. Sarà in questo che ritroverà la vicinanza con l’uomo che ha accanto: “Siamo insieme, questa è la nostra fortuna. Ci aiuteremo a vivere quest’ultima avventura da cui non faremo ritorno. Questo ce la renderà tollerabile? Non so. Speriamo. Non abbiamo altra scelta.”
‘Monologue’
Infine, l’ultimo, un monologo nel quale la protagonista perde tutte le riserve e si abbandona ad un turpiloquio senza controllo. Rispetto alle due precedenti protagoniste che in qualche modo sembrano infine recuperare un equilibrio, trovando la forza in sé stesse o nel compagno di una vita, Murielle è completamente persa in un flusso di coscienza che rasenta l’abbandono alla follia. L’autrice introduce il testo con una citazione di Flaubert, “Lei si vendica con il monologo”, che ben delinea quello che ci mostra il racconto.
Ripercorrendo la sua infanzia e la vita da adulta, scopriamo un’esistenza stravolta dal suicidio della figlia del quale viene ritenuta responsabile dalle persone che la circondano. Persa nei ricordi e nella confusione, la donna, chiusa in un appartamento, inveisce contro tutti, gli uomini della sua vita, la madre, il fratello: “Senza di loro. Senza il loro odio. Porci! Avete cercato di fregarmi ma non ci siete riusciti. Io non sono il vostro capro espiatorio; i rimorsi me li sono scossi di dosso.”
Tra rivendicazioni e crude invettive, arriva in ultimo ad appellarsi a Dio nella speranza di uscire dalla sua profonda sofferenza: “Me la devi questa rivincita mio Dio. Esigo che tu me la dia.”
La condizione femminile
In una conversazione pubblicata su “Le Monde” l’autrice, riferendosi proprio a questo libro riporta: “Certe donne mi hanno rimproverato di non aver messo in scena protagoniste positive, di aver invece mostrato donne affrante, infelici; l’ho fatto perché la condizione femminile, com’è oggi, la vedo cosi, la sento cosi, e non ho voglia di mettere in scena delle militanti eroiche e ai miei occhi inesistenti, utopiche.”
Le tre storie di “Una donna spezzata” quindi, diventano testimonianza della sua profonda riflessione sul tema dell’emancipazione femminile; il tratteggio delle protagoniste e delle loro storie vuole mettere in guardia, stimolare una reazione ed una riflessione su ciò che rappresenta il loro essere donne, e non uomini, all’interno di quanto stanno vivendo.
Nel suo celebre saggio “Il secondo sesso” (uscito per Gallimard nel 1949 ed imprescindibile punto di riferimento per il movimento femminista dell’epoca) Simone de Beauvoir afferma che per sottrarsi alla sua condizione di inferiorità imposta, la donna deve emanciparsi, raggiungendo non solo un’indipendenza economica ma anche culturale e soprattutto mentale.
Ed è proprio l’attenzione che l’autrice vuole dedicare a questo tema che rende “Una donna spezzata” una lettura estremamente attuale e raccomandata.
Scheda Libro
Titolo: La femme rompue
Titolo italiano: Una donna spezzata
Autore: Simone de Beauvoir
Prima Edizione: 1967
Editore: Einaudi
Anno: 1999
Traduzione: Bruno Fonzi