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Racconti di Sarajevo di Ivo Andrić e la sua città dolorosamente bella

“In quei giorni di luglio del 1878 Sarajevo ribolliva come un alveare in subbuglio. La grande città era tutta in tumulto. Le antiche, eterne passioni umane e le piccole dispute quotidiane acquisivano ora grandi nomi altisonanti e tutto veniva rivestito da parole e da slogan solenni che fino al giorno prima nessuno conosceva né pronunciava e che già l’indomani sarebbero stati sostituiti da altri o semplicemente dimenticati”.

Sono nove i racconti siglati da Ivo Andrić, Premio Nobel per la Letteratura, che animano Racconti di Sarajevo, in questa nuova edizione pubblicata da Crocetti Editore a maggio 2023, per la traduzione di Alice Parmeggiani. La bella Sarajevo, mortificata nell’Anima, si erge a emblema di una realtà universalmente riconosciuta, in cui l’umanità intera si cimenta nell’esperienza della vita.

Racconti di Sarajevo, il capolavoro e Ivo Andrić

Ivo Andrić, scrittore e diplomatico jugoslavo (nato in Bosnia Erzegovina – 1892 e morto a Belgrado – 1975) e sin da giovanissimo energico sostenitore della liberazione dei popoli slavi, celebra la cultura balcanica in ogni sua forma, dando voce a una realtà martoriata, giudicata, accusata per i suoi eterni e connaturati conflitti e per la sua inarrestabile ricerca di pace. L’autore guarda con cristallina obiettività ai Balcani, un mondo affascinante, dove svariate razze e religioni si ritrovano a convivere, spesso, senza sforzo alcuno e in altri casi con gravose intolleranze.

Andrić si aggiudica, nel 1961, il Premio Nobel con il romanzo Il ponte sulla Drina, un’opera monumentale, che vede protagonista proprio il ponte sul fiume. È nel suo storico immobilismo che esso assiste al passaggio della grande Storia e delle piccole storie, alcune di elevata drammaticità, appartenenti a quelle generazioni che per secoli vi transitano. Il ponte non è solo un luogo di passaggio; si rivela un fondamentale punto d’incontro tra Occidente e Oriente, Cristianesimo e Islam. Lo scorrere fluttuoso della Drina accompagna il passaggio degli uomini, degli accadimenti storici e del mutamento dei tempi.

Da ‘Il ponte sulla Drina’ ai ‘Racconti di Sarajevo’

Nel suo indimenticabile Il ponte sulla Drina, Andrić scava nella Storia, facendo emergere tutte le sue deformazioni. L’autore scrive di sofferenza e con sofferenza, non celando la sua più intima disperazione per la vacuità del genere umano e per lo scorrere del tempo, madre e padre di una collettività ridotta in briciole, guidata dal volere dei potenti, dai loro capricci e dagli obiettivi privi di ragionevolezza, che portano alla lacerazione dell’identità e a una dolorosa, ma fredda partecipazione alla sofferenza comune.

Nei Racconti di Sarajevo, lo scrittore non esplora i meandri della Storia, ma si introduce, in punta di piedi, nella parte più recondita dell’animo umano, inevitabilmente influenzato dagli eventi politici e culturali che si sviluppano nel tempo. Sarajevo, accogliendo quattro religioni (cattolicesimo, cristianesimo ortodosso, ebraismo e Islam) e con esse quattro diverse culture, realtà e tradizioni, diventa il crocevia di una variegata umanità.
La Storia impone loro un’unica condizione, che risiede nella richiesta di andare sempre d’accordo. Partendo dall’analisi dell’indole antropica, Andrić riesce a consegnare al lettore una fotografia netta della città, risalente al periodo a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Il suo è un viaggio nella storia, quella quotidiana, quella vissuta, fatta di usi, costumi, cibi, parole, commercio, poesia, in cui inevitabilmente si respira un’aria malinconica, di quel sentimento di mestizia privo di ogni forma di romanticismo, determinato dalle circostanze che caratterizzano il passato del popolo.

La memoria e l’odio

Nell’ampio periodo storico che coprono i Racconti di Sarajevo (dagli anni del governo turco, fino alla liberazione e alla guerra), a narrare è il popolo, la gente comune, che in qualche modo ripercorre la propria vita, partendo dal passato più recente. È qui che subentra il concetto di memoria, che pone a confronto l’individuo e la società, quando il sentimento del vissuto attuale si fa parte integrante di quello del passato, a costituzione di una nuova identità.

I personaggi, magistralmente delineati da Andrić, si esprimono con un tono di voce sommesso, pienamente consapevoli di raccontare realtà paurose, matrici delle più svariate forme d’odio. Odio, odio e sempre più avversione, ostilità, disprezzo e paura, timore, fino a quando non manca l’aria e allora si è costretti a respirare per non morire e per non farsi sopraffare dal livore, dall’acredine e dalla ripugnanza nei confronti della realtà.
L’odio profondo che, ormai, sembra essere uno dei tratti distintivi di questi popoli, tra i quali pare impossibile avviare un processo di dialogo. Fa la voce grossa l’odio brutale che trova le sue fondamenta nell’energia di un nazionalismo radicato e irragionevole, l’odio che ha condizionato e condiziona l’evoluzione sociale e individuale di una realtà viva, di una bellezza non comune, che offre tanto oltre.

L’eccellenza

In Racconti di Sarajevo Ivo Andrić lascia spazio alla comprensione di tutti quei sentimenti di abnegazione, sommessamente politicanti, che impediscono qualsiasi forma di rinascita, senza, però, trascurare la parte più nobile dell’esistenza umana. Pertanto, anche in questa Sarajevo esistono personaggi di grande elevatezza morale, come la nonna che non vuole i cimeli di guerra razziati dalle case degli sconfitti, nel giorno della caduta turca.

“Turco? Se è turco, non è tuo. Che cosa vi siete messi in mente voi due, di fare di questa casa un harem da beg? Così avete iniziato ad arredare la casa! È stata la tua begovica a spingerti, non è vero? Eh, non lo farete finché sarò viva io”.

È grande l’umanità del lattaio albanese, che versa il latte nelle ciotole dei carcerati liberati, ridotti a residui d’uomo.

“Un albanese che aveva una latteria all’angolo passava con un garzone e da un secchio versava nella ciotola di ciascuno una piccola misura di siero di latte. Lo faceva come opera pia”.

La potente scrittura di Andrić fa emergere, in maniera ben distinta, il bene e il male e racconta dell’urgenza di una disinteressata benevolenza, in un Paese come la Bosnia Erzegovina che sembra, già a quei tempi, scomparire lentamente.

Sarajevo non si dimentica

È una Sarajevo che entra nell’anima quella dello scrittore jugoslavo, che egli esamina diligentemente, dando rilievo ai molteplici aspetti umani, da quello più positivo a quello più negativo, fino ad arrivare alla capacità di essere totalmente irrazionali, sopravvivendo alla vita. Andrić rappresenta, in maniera capillare, la realtà di Sarajevo a immagine speculare di quanto di intrinseco c’è nella natura dell’uomo, conferendo ai racconti un taglio psicologico ed esistenziale.
Non si dimentica la sua Sarajevo, piena di vita e di meravigliosa umanità, dove le contraddizioni e le differenze costituiscono la sua bellezza e al contempo, il suo male più profondo. Ogni parola utilizzata per descrivere l’abilità narrativa di Andrić risulterebbe riduttiva; è altrettanto evidente la sua ineguagliabile capacità di addentrarsi nell’animo umano, accarezzando con delicatezza le sue peculiarità, senza mai ferire la sensibilità, pur mostrandone a chiare lettere le debolezze. La prosa argentina di Andrić, contraddistinta da un’agevole semplicità, rende Racconti di Sarajevo un’autentica meraviglia.


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Scheda libro

Titolo: Racconti di Sarajevo

Autore:
Ivo Andrić

Traduzione:
Alice Parmeggiani

Editore:
Crocetti Editore, 2023

Prima Edizione Italiana:
New Compton, 1993 a cura di D. Badnjevic


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