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Le notti bianche di Fëdor Dostoevskij, l’amore tra realtà e sogno

Le notti bianche (Bur  Rizzoli Libri) di Fëdor Dostoevskij racconta di due giovani che, nella suggestiva primavera di Pietroburgo, si incontrano e si conoscono di notte.
Lui è un sognatore, che finora non ha mai vissuto una vita reale, ma si è abbandonato ad un’esistenza fatta di sogni e di letteratura; lei è una giovane fanciulla che invece ha vissuto solo l’avvio di una storia d’amore, con tutte le emozioni reali che esse hanno comportato.

Le notti bianche, l’attesa e l’amore

Seppure in modo diverso, tuttavia, entrambi attendono. Lui attende di vivere davvero, restando intanto nel suo sogno; lei attende di poter portare a compimento la sua storia d’amore con il Principe Azzurro che l’ha fatta innamorare per poi andarsene con la promessa di un ritorno.
Mentre entrambi aspettano, finiscono per incontrarsi, conoscersi e, in qualche modo, amarsi: ciascuno ama l’altro in modo diverso, in momenti diversi, con intensità e maturità diverse.
L’amore vero non è mai costrizione, ma libertà dell’altro, a costo di una propria rinuncia.
In che senso io intenda questo, lo lascio intendere al prossimo lettore di questo bellissimo romanzo, un testo breve, povero di trama, ma ricco di romanticismo, nel senso vero del termine.

Trama e stile, la performance scenica

Appartenente alla prima fase della scrittura di Dostoevskij, Le notti bianche costituiscono un romanzo breve, ma intenso, in grado di coinvolgere il lettore fin dalle prime battute.
Il termine battute richiama l’ambito teatrale e in effetti la scansione della finzione narrativa assume le caratteristiche della performance scenica: abbiamo così una Notte prima, una Notte seconda, Una notte terza, una Notte quarta e infine una Notte quinta (almeno così è tradotto il titolo della parte conclusiva dell’edizione che ho letto io).

Le prime quattro sono le notti in cui si incontrano i due giovani e dialogano, come gli attori del teatro. Esse, con la loro luminosità, costituiscono non solo lo sfondo delle passeggiate dei due ragazzi, ma anche il simbolo di una vita vera, che solo la notte rende possibile, consentendo l’incontro, più unico che raro, fra sogno e realtà.
Ogni notte è la scena di un momento preciso: la prima quella dell’incontro, la seconda quella in cui due si raccontano, la terza quella di un nuovo appuntamento; la quarta quella del commiato, una sorta di esodo tragico.

La Quinta notte, quella della solitudine

Ma ci deve essere un dietro le quinte, che il lettore deve vedere: da qui la necessità di una Quinta notte, una notte simbolica e non reale, in quanto le vicende ad essa correlate si dipanano di giorno: “Le mie notti finirono di mattina. La giornata non era bella. Cadeva la pioggia, battendo tristemente sui miei vetri; nella cameretta era buio, fuori il tempo era fosco. Mi doleva e mi girava la testa: la febbre mi si insinuava nelle membra”.

La Quinta notte è la dimensione, metaforica e anche qui non solo ambientale, del chiuso e dell’oscurità della stanzetta del ragazzo che si ritrova, alla fine, solo come sempre. Allo spazio aperto delle notti precedenti, durante le quali egli si era aperto alla possibilità di dare corpo ai suoi sogni, si oppone il luogo chiuso del mattino-notte che vede il dissolversi di un sogno sfumato troppo presto.
Eppure, nonostante le apparenze, il nostro sognatore non è rimasto uguale a prima: tra il prima e il dopo c’è la vita, la bella Nàstenka, l’amore realmente vissuto, seppur per breve tempo.
Ed è per questo che, nonostante sia caduto il sipario, egli dialoga, seppure a distanza e a suo modo, ancora con lei. Resta il teatro perché il teatro è la contemplazione stessa della vita.

Le notti bianche, tra andamento drammatico e procedimento riflessivo

Lo stile di questo scritto risente dell’andamento drammatico del testo. Apparentemente tutto nasce dalla spontaneità dei personaggi: tuttavia è evidente che il lavoro di analisi psicologica che essi portano avanti è frutto di una profonda elaborazione.
Il procedimento riflessivo della trama porta i protagonisti a porre interrogativi talora retorici. Ad esempio, nella prima notte, l’io-narrante, il sognatore, inizia così: “Era una notte meravigliosa, una notte come forse ce ne possono essere soltanto quando siamo giovani, amabile lettore. Il cielo era così pieno di stelle così luminoso che, gettandovi uno sguardo, senza volerlo si era costretti a domandare a se stessi: è mai possibile che sotto un cielo simile possa vivere ogni sorta di gente collerica e capricciosa?”.

Invocazione del lettore e Io lirico

Costante, come in questo passaggio, è inoltre l’invocazione del lettore la cui attenzione viene costantemente richiamata in causa.
L’io lirico, del resto, costituisce una voce narrativa di raccordo tra le varie voci dialoganti: il sognatore, quindi, ora racconta al lettore la sua storia in forma raccontata, ora dialoga con la fanciulla, esponendola in forma drammatica.
Talora queste due modalità convivono: è il caso, come già accennato, della parte finale del testo in cui il narratore, mentre racconta l’epilogo della sua breve storia d’amore, si ritrova, sempre in modalità asincrona, a dialogare con lei.

Talora l’io-narrante si sdoppia, parlando di se stesso in terza persona: è il caso, ad esempio, delle pagine in cui il protagonista, raccontando la sua storia a Nàstenka, racconta quella di un sognatore: “ormai permettetemi, Nàstenka, di raccontare in terza persona, perché si prova una terribile vergogna a raccontare tutto ciò in prima persona”. Quest’ultima scelta, si vedrà, risulta funzionale anche per conferire un carattere di universalità ai temi che sono contenuti nella parte in questione.
Questa multifocalità rende il testo ricco e denso, nonostante la sua brevità e consente uno scavo psicologico colto da vari punti di vista.

Le notti bianche: la centralità dell’esser soli

Al di là della vicenda sentimentale e dello sviluppo che essa prenderà, il testo tocca varie tematiche.
Innanzitutto risalta in maniera evidente il motivo della solitudine, attraverso il nostro eroe che, pur vivendo a Pietroburgo da diverso tempo, non conosce nessuno dei suoi abitanti.

La solitudine è una dimensione che si addice a quella del ruolo da lui incarnato, quello del sognatore. Del resto, nella parte in cui l’io lirico descrive magistralmente il sognatore, non emergono soltanto altre tematiche quali l’antitesi fra sogno e realtà, ma vengono adombrate altre tematiche parallele, evocate per suggestione.

E così, ad esempio, nel momento in cui si dice “il sognatore – se ne occorre una definizione particolareggiata – non è un uomo, sapete ma una certa creatura di genere neutro. Si stabilisce per lo più in qualche angolo inaccessibile, come se lì volesse celarsi anche alla luce del giorno, e una volta che s’è rintanato nella sua casa, aderisce al proprio cantuccio, proprio come una chiocciola o, per lo meno, somiglia molto, sotto questo rispetto, a quell’interessante animale che è animale e casa tutto insieme, e che si chiama tartaruga”.

Il poeta è un essere alato

In questo suggestivo passaggio de Le notti bianche, il richiamo al “carattere neutro” del sognatore non può non ricondurmi alle definizioni del poeta date da Platone o da Cicerone al poeta come essere libero, leggero, alato, libero.
Scrive Platone nello Ione: “Infatti il poeta è un essere leggero e alato e sacro e non è capace di poetare prima che sia ispirato dal dio, che sia fuori di senno e che la mente non sia più in lui”.
Scrive Cicerone nel Pro Archia: “E così da uomini sommi apprendiamo che… il poeta vale per la sua stessa natura, ed è accresciuto dalle forze della mente, ed è ispirato da un soffio quasi divino”.

Al di là di tutti i motivi presenti nel testo, uno che spicca su tutto è, in effetti, quello della creatività, che è sempre libera, autonoma, essenziale e sostanziale, nonostante la sua apparente leggerezza e fluidità.

Il sognatore plasma i sogni con la sua fantasia: altrettanto fa la Poesia, la Poiesis, l’Arte, la Tecnica, l’Ars.
Questi sogni hanno una loro realtà, come la poesia, nonostante nascano dall’immaginazione.
Prerogativa dell’immaginazione è anche quella di ricordare qualcosa di vissuto e svanito: a questo serve la letteratura, a non rendere vano il vissuto.

Lo dirà bene Proust nella Recherche: lo anticipa benissimo Dostoevskij in questa sua breve e intensa storia.


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Scheda Libro:


Titolo:
Le notti bianche

Autore:
Fëdor Dostoevskij

Prima Edizione in russo
: 1848

Editore italiano
: Bur – Rizzoli (testo russo a fronte)

Anno:
2000

Traduzione a cura
di Giovanni Faccioliù

Introduzione a cura
di Erica Klein


 

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