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Donne ingannate. La mistificazione della libertà femminile, secondo il velo islamico

Giuliana Sgrena presenterà il suo libro “Donne ingannate. Il velo come identità, religione e libertà” (Il Saggiatore) il 24 giugno a Passaggi Festival (18/19 giugno San Costanzo – 20/26 giugno Fano) intervistata dalla giornalista Flavia Fratello (clicca qui per i dettagli del programma)

L’inganno che veste i panni della libera scelta: con un taglio giornalistico e l’espressione di concetti concreti e accusatori, Giuliana Sgrena con il suo Donne ingannate. Il velo come religione, identità e libertà (ilSaggiatore, 2022) lascia una testimonianza forte e drammatica sull’utilizzo del velo islamico, visto come l’emblema della vessazione femminile.

Il Corano, infatti, non prescrive l’uso del velo. Nel libro sacro l’hijab viene citato una sola volta, quando Maometto rivolgendosi ai suoi compagni che frequentano la moschea, dove vivono anche le mogli del profeta, dice: “Se venite a chiedere loro (alle mogli) un oggetto fatelo da dietro una tenda (hijab)”.
Il velo portato oggi dalle donne musulmane non appartiene alla tradizione del loro paese.

Donne ingannate: il velo non è libera scelta

Il velo islamico è sicuramente il simbolo dell’oppressione: lo afferma con convinzione Giuliana Sgrena nel suo Donne ingannate, un volume fresco di stampa e pregno d’informazione obiettiva. Un libro forte, fatto di limpide verità basate su spiegazioni razionali e con lo scopo di voler sdoganare il concetto di “libertà di scelta”.
La decisione di coprire in parte o integralmente il proprio corpo, non risiede nel libero pensiero della donna: secondo la nota giornalista, non esistono principi di questo tipo caratterizzanti la religione islamica.

La disinformazione e il suo perché

Il velo ha avuto diversi significati nella storia, ha conosciuto svariate evoluzioni e quello che emerge, già da un primo approccio con la lettura del libro Donne ingannate, è la dimostrazione di quanto sia spesso falsa l’informazione che corre tra i media, tra i libri di testo o nelle discussioni circa i Paesi islamici. Notizie non coerenti e non veritiere, frutto di una pericolosa manipolazione atta a trascinare i popoli in un’insidiosa ignoranza. Una mistificazione voluta e probabilmente studiata, che potrebbe avere svariati obiettivi, tra cui quello di portare alcuni Paesi verso un processo d’islamizzazione non cercato.

Le tematiche di Donne ingannate

La Sgrena, in questo Donne ingannate, fa un’analisi accurata dell’argomento trattato, preferendo suddividere il testo in tre sezioni: nella prima spiega l’uso del velo in rapporto alla tradizione e all’emancipazione delle donne, poi vanificata dalla reislamizzazione.
Stupisce la facilità con la quale si fa un disegno positivo dell’utilizzo del copricapo islamico, distorcendo la trasformazione storica dello stesso e il suo reale significato. Racconta di come, attraverso l’imposizione di questo semplice foulard, si sia arrivati a privare la donna di ogni forma di libertà e di personalità.

L’identità femminile

La seconda parte tratta dell’identità, a partire dall’Iran dove è stato Khomeini a dare al chador una valenza identitaria. A proposito di questo, esiste una netta divisione tra le donne che vedono in tale imposizione la più alta espressione del proprio senso di appartenenza all’Islam e quelle che, invece, sentendosi perfettamente integrate in altre realtà, non la accettano, a costo di pagare questo rifiuto con la propria vita, come i tristi fatti di cronaca degli ultimi anni ci insegnano.
Il boia, spesso, è nella stessa famiglia della malcapitata giovane, alla quale è proibito anche innamorarsi di un uomo non appartenente alla sua religione. I padri ammazzano le proprie figlie, i fratelli le proprie sorelle, gli zii le nipoti, pur di mantenere la folle onorabilità familiare.

La terza e ultima sezione tratta la relazione tra velo e libertà attraverso le campagne lanciate sui social, ormai un importante strumento di comunicazione in grado di superare gli ostacoli costituiti da regimi autoritari; a tal proposito la Sgrena non si risparmia nelle accuse.
Punta il dito, per esempio, contro il campo della moda che associa il velo ai marchi di lusso, anche solo per uno spot pubblicitario.
È commercio? Oppure è un semplice girarsi dall’altra parte? E ancora l’autrice si domanda come mai il femminismo islamico non condanni lo hijab, non essendo prescritto dal Corano.

L’incompatibilità tra i diritti umani e il velo islamico

In Donne ingannate la Sgrena affronta con decisione il contraddittorio esistente tra la lotta al riconoscimento dei diritti umani universali e la “libera imposizione” riservata alla copertura del corpo femminile.
Assistiamo quotidianamente, per esempio, alla condanna dell’utilizzo del burkini in Italia e nella maggior parte dei casi, a difendere questo modo di coprire il corpo della donna sono le femministe stesse.
Si pensa che ognuno, alla fine, possa fare quello che vuole e vestirsi come crede: una verità sacrosanta, se non fosse che l’utilizzo del burkini è il frutto di una prepotenza e dell’oppressione contro la donna, con la finalità di proteggere il maschio, affinché possa contenere i propri istinti.

Il silenzio dell’Occidente e le voci narranti

L’uso del velo in Occidente sembra ormai sdoganato se persino il Consiglio d’Europa lancia una campagna con lo slogan ‘la libertà è nell’hijab’, poi bloccata dall’intervento della Francia, determinata nella difesa della sua laicità.
Esprimendosi contro il velo si rischia di essere accusati di islamofobia.
Il relativismo culturale porta a situazioni paradossali: mentre in Occidente si difende l’uso del chador, in Iran le donne rischiano la prigione togliendosi il velo; in Occidente si difende la libertà di portare il burkini mentre sulle spiagge algerine le donne rivendicano il diritto di portare il bikini.

È nodosa la questione dell’atteggiamento di presunto “politically correctness” di parte delle istituzioni europee, che forse temono di esprimersi apertamente contro il velo a causa di probabili ritorsioni o critiche pericolose per gli equilibri politico-sociali.

Libertà e religione

Il velo non è libertà, sostiene apertamente la Sgrena: la donna libera ha il vento tra i capelli e non deve sentirsi costretta a indossare qualcosa, (anche a più strati) che la copra, o a infilarsi il burqa.
Qual è il reale rapporto tra libertà e religione? Dove finisce la scelta e inizia l’imposizione?

La scrittrice fa un attento esame del rapporto che si instaura tra quei valori fortemente condizionati dall’uomo, narrando la sua esperienza di giornalista e raccontando attraverso le testimonianze, raccolte durante i reportage in Medio Oriente, di donne che hanno lottato per la propria libertà, pagandone spesso le conseguenze.

Donne ingannate, il drammatico viaggio

È lungo e drammatico il viaggio che la Sgrena fa fare al lettore, trasportandolo in Paesi come l’Afghanistan e l’Iran dove le donne sono condannate a non potersi esprimere, a non poter avere una propria identità nella quotidianità, nelle relazioni, a non poter amare chi desiderano.
La verità espressa non si limita a questo: la sua reazione più forte è contro un Occidente cieco e muto, che teme di esprimersi e di condannare duramente le limitazioni della libertà contro le figure femminili, legittimandole.

Con Donne ingannate. Il velo come religione, identità e libertà, Giuliana Sgrena fa un acuto ritratto della visione fabulata e ingannatoria del velo islamico, contrapponendola a quella drammaticamente realistica, consegnando al lettore la corretta informazione, secondo il suo punto di vista, circa i Paesi islamici e il significato di alcuni passi del Corano.

Soprattutto, fa il riuscito tentativo di dare voce a quelle donne che possono raccontare cosa significhi non avere alcuna identità, a dura e palese conferma che il velo non è libertà.


Copertina-Donne-Ingannate-Giuliana-Sgrena-sitoScheda libro Donne ingannate

 

Titolo: Donne ingannate. Il velo come religione, identità e libertà

Autore: Giuliana Sgrena

Casa Editrice: ilSaggiatore, 2022

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