Diceva-Leopardi-Marco-Ferri-orizzwebok

“Diceva Leopardi” di Marco Ferri. Un dialogo e un diario di lettura delle “Operette morali”

Leopardi dialoga con naturalezza con una persona che vive duecento anni dopo”. È l’incipit del saggio di Marco Ferri dal titolo ‘Diceva Leopardi‘ (Pequod).
Nei primi decenni dell’Ottocento lo Stato Pontificio era uno dei più arretrati d’Europa, Recanati una realtà periferica tagliata fuori da ogni sia pure ipotetico confronto intellettuale, la famiglia Leopardi dominata dalla figura bigotta della madre e dalle istanze reazionarie del padre. Eppure proprio in quel luogo e in piena Restaurazione un giovane trova il coraggio di emanciparsi e di mettere in discussione tutta la cultura del suo tempo.

Marco Ferri e Leopardi, ‘poeta ribelle’

Ma perché interrogare le ‘Operette morali‘ per cercare delle risposte che rendano meno opaco il caos delle nostre esistenze?
Prima di tutto perché Marco Ferri individua delle somiglianze tra il periodo storico e culturale nel quale è vissuto Leopardi e la nostra contemporaneità, poi perché, al di là di tutti i cliché che lo hanno imbalsamato con l’etichetta di “pessimista”, Leopardi è un intellettuale che non fa sconti a nessuno, né a sé stesso né alla sua famiglia né ai suoi amici né alla cultura nel suo diverso declinarsi.

Ha un coraggio interiore ed una profonda onestà intellettuale che derivano da un’etica laica fondata su rigorosi assunti razionali divenuti nel tempo sempre più fondati e combattivi. È un ribelle che ha individuato molto presto un obiettivo preciso: spogliare la realtà di tutti i suoi orpelli e ingannevoli belletti per guardare nella sua nudità “l’arido vero”.

“Sarebbe bene liberarsi dei cliché letterari e anche cinematografici che hanno descritto Leopardi come se portasse su di sé tutta la sofferenza del genere umano. È un evidente modulo emozionale che ha una sua funzionalità narrativa, niente di più. Con il tempo queste affermazioni critiche sono diventate dei pregiudizi (e anche sorde semplificazioni)… Leopardi vuole aprirci gli occhi invece. Questo conta. E quello che Leopardi dice e racconta per aprirci gli occhi è pieno di vitalità. Leopardi è drammaticamente polemico. Un ribelle”.

Una modernità che si nutre di contraddizioni

La struttura delle ‘Operette morali‘ è quella di un’opera filosofica classica: il dialogo tra due soggetti che di volta in volta sono personaggi storici, mitologici, di fantasia. Questa consolidata confezione esteriore, non nasconde nulla: non le macerie della nostra civiltà, non la miseria della nostra cultura, non le nostre inconfessate paure.

“Giobbe cercava un perché nella radice del dolore. Ma nel dialogo leopardiano non c’è Dio, c’è la Natura, e le descrizioni circostanziate dell’islandese portano alla conclusione che la Natura, se ha fatto tutto questo, lo ha fatto male. La modernità di Leopardi è incredibile. Si nutre di contraddizioni. Leopardi contesta la modernità che vorrebbe modificare il mondo ma nello stesso tempo si accorge che il mondo, così come è fatto, è malfatto, ingiusto e precario, e non è giustificabile teologicamente, perché fisicamente è autodistruttivo. La Natura è la carnefice della sua stessa famiglia. Fino al ‘tristissimo declinare’ della vecchiezza”.

In un mondo senza interpreti

Operetta dopo operetta Marco Ferri individua i rovelli della mente di un lettore “intendente”: la natura indifferente, i robot che a velocità incalzante rendono sempre più inutile l’uomo, il suicidio o eutanasia, la responsabilità etica che ci lega gli uni agli altri, l’occidente che annulla ogni cultura divergente, una religione che troppo spesso fa da supporto alle ragioni del più forte, un capitalismo teso solo al massimo profitto, indifferente alle ferite incurabili del pianeta Terra. Questi temi sono già presenti nelle ‘Operette morali’.

La voce di Marco Ferri diviene pagina dopo pagina più autonoma e dialogante. Con padronanza utilizza tante discipline per rendere più esplicito e completo il discorso supportato da indicazioni bibliografiche originali ed esaustive. Riguardano diversi campi: dalla letteratura alla storia, al cinema, all’antropologia, alla fisica, alla matematica, alla robotica.
Leopardi ha intuizioni formidabili: “ ‘Tempo verrà, che esso universo, e la natura medesima, sarà spenta… parimenti del mondo intero, e delle infinite vicende e calamità delle cose create, non rimarrà pure un vestigio; ma un silenzio nudo, e una quiete altissima, empiranno lo spazio immenso.’ La poesia dell’infinito, scritta cinque anni prima, racchiudeva al suo interno un cuore che per poco non si impauriva, un io che in quella immensità sentiva il proprio pensiero naufragare dolcemente. Qui la visione di Leopardi diventa oggettiva, nitida, inesorabilmente affacciata sul nulla. Lui torna a immaginare un mondo senza interpreti, come aveva già prospettato nel dialogo tra un folletto e uno gnomo”.

Verso la poesia di pensiero

Le ‘Operette morali‘ sono dunque il passaggio fondamentale verso i grandi idilli e la poesia di pensiero o come ha scritto Antonio Prete nel suo saggio su Leopardi, “il pensiero poetante”: A Silvia, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Il passero solitario fino alla Ginestra e al Tramonto della luna.
Marco Ferri è poeta, narratore, traduttore: vale a dire che possiede una insolita ed affascinante padronanza delle strutture linguistiche che piega ora all’ironia, alla derisione, alla denuncia, alla indignazione, alla condanna, alla riflessione amara.
Una lettura per lettori “intendenti”, cioè che intendono confrontarsi con la domanda fondamentale di Leopardi. Da non perdere.


Diceva-Leopardi-Marco-Ferri-copertina-webScheda Libro

Autore: Marco Ferri

Titolo: Diceva Leopardi. Una lettura delle Operette morali.

Editore: Pequod

Anno: 2023

Pagine: 138

Prezzo: euro 16


L’autore: Marco Ferri

Marco Ferri, nato a Fano nel 1950, è stato direttore della biblioteca Federiciana di Fano e docente di materie bibliotecarie all’Università di Urbino. Dal 1988 al 1998, insieme a Gabriele Ghiandoni ed Ercole Bellucci ha diretto l’almanacco di letteratura «Cartolaria». Ha pubblicato le raccolte di versi: Prove e variazioni (Fortuna,1986); L’apparenza necessaria (Flaminia,1990); Nero il bianco (Stamperia dell’arancio, 1994); Dove guardi (Pequod, 2001); Discorsi in cucina (Aragno, 2007); la plaquette Corpus (l’Obliquo, 2008) ed Esercizi spirituali per cosmonauti (Di Felice Edizioni, 2013). Nel 2002 ha vinto il Premio Carlo Bo per la poesia. Ha tradotto: L’invito di Claude Simon (l’Obliquo,1993); I miserabili di Victor Hugo (Frassinelli,1997); Per un’arte poetica di Raymond Queneau, in collaborazione con Silvia Ferri (l’Obliquo, 2012).
Di recente ha pubblicato ‘La tartaruga di stoffa‘ (Pequod, 2021) e ‘Com’è passato il tempo. Poesie 1980 – 2020‘ (Marcos y Marcos, 2022). Altre notizie sull’autore sul sito www.ferripoetry.com. Collabora con la redazione del Cappuccino delle Cinque.


Anna Maria Brunori, nata a Cartoceto, laureata nel 1969 presso l’Università degli Studi di Urbino in Lettere Moderne, ha insegnato nei trienni delle superiori italiano e storia. Negli anni Ottanta ha organizzato con Paolo Teobaldi ed altre colleghe la rassegna Il gusto dei contemporanei (che ha fatto incontrare gli studenti con Italo Calvino, Primo Levi, Moravia, e tanti altri autori italiani) e inoltre ha fatto parte della redazione dei Quaderni de Il gusto dei contemporanei. È stata tra le fondatrici e fondatori dell’Università della terza età ‘Giulio Grimaldi’, di cui è stata prima presidente.
Ascoltatrice attenta e partecipe di tanti progetti del marito architetto Gianni Lamedica.

Pubblicato in Saggi e taggato .

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *